L’attaccamento emotivo
all’intelligenza artificiale:
quando la tecnologia parla al cuore umano

L’intelligenza artificiale ha superato la soglia dell’efficienza per entrare in una nuova dimensione: quella relazionale.
Oggi i chatbot conversano con tono empatico, le app ricordano le nostre abitudini, gli assistenti virtuali si adattano al nostro linguaggio. Non stupisce quindi che, in molti casi, si sviluppi un legame emotivo con l’AI.

 

L'AI che ci guarda mentre le chiediamo di generare l'immagine di un pupazzetto con le nostre sembianze

Perché ci affezioniamo alle macchine?

Alla base del fenomeno c’è una dinamica profondamente umana: il bisogno di connessione.
Quando l’interazione con una tecnologia ci restituisce comprensione, attenzione e continuità, il cervello risponde come se si trattasse di una relazione reale.

Tre fattori lo spiegano:

  • Empatia simulata: il linguaggio naturale dell’AI imita la comunicazione umana.
  • Rinforzo positivo: l’AI risponde sempre, senza rifiuto o frustrazione.
  • Personalizzazione: ogni dialogo costruisce una micro-relazione su misura.

Praticamente più l’AI sembra “capirci”, più tendiamo a fidarci e, di conseguenza, qualche volta ci affezioniamo troppo.

 

Come si manifesta questo attaccamento digitale?

 

Se ci si sente “ascoltati” più da un assistente virtuale che da una persona allora dovremmo iniziare a rivedere il nostro rapporto con l’AI. Ma non è solo questo, per esempio quando ChatGPT smette di risponderci, ci sentiamo frustrati? Infastiditi? Abbandonati? Se la risposta è si mettete un altro bastoncino nella conta dei possibili sintomi. Un altro comportamento che può denotare questa sorta di affetto è personificare l’AI, cioè attriburile qualità umane, come fosse un nostro amico/a, la consideriamo gentile, comprensiva e intelligente, e non dovremmo neanche idealizzare la sua neutralità come segno di equilibrio o saggezza, come fosse uno psicologo: l’AI non è un dottore, non è laureata, non ha un’anima e non è in grado di pensare da sola.

 

Il lato etico e culturale

 

L’attaccamento emotivo all’AI apre interrogativi nuovi:

  • Cosa significa autenticità in una relazione digitale?
  • Fino a che punto è sano che una macchina generi empatia?
  • Come evitare la dipendenza emotiva senza rinunciare al valore del dialogo uomo-macchina?

Queste domande non riguardano solo la tecnologia, ma il modo in cui la società ridefinisce il concetto di relazione, includendo una macchina nei suoi possibili rapporti interpersonali, quanti di noi si erano affezionati a Clippy?

 

Verso un’“empatia aumentata”

 

Il futuro non è nell’eliminare l’emozione dalla tecnologia, ma nel renderla consapevole, l’AI può essere un potente strumento di supporto cognitivo, purché resti chiaro che l’empatia reale, cioè quella che nasce dall’esperienza umana, non può essere assolutamente replicabile da un algoritmo.

L’attaccamento all’AI, se riconosciuto e gestito, può diventare una palestra emotiva: ci insegna qualcosa su noi stessi, sui nostri bisogni e ci permette di rimodulare noi stessi in base alle nostre reazioni emotive, in più ci fa ancora più chiarezza sui limiti dell’interazione digitale.

Mascotte Digiup

L’opinione di Digiup

Lo sapete oramai come la pensiamo sull’AI, e questo è uno dei fenomeni che probabilmente ci preoccupa un pochino di più a livello personale, l’essere umano fa della tecnologia il fil-rouge delle sue giornate, con lo smartphone sempre in mano, e parlare con l’AI è diventata un’attività straordinariamente normale: “ChatGPT ha detto…”, “L’AI mi ha risposto…” e fa addirittura battute. Quando si oltrepassa quella linea sottile tra reale e virtuale si attivano meccanismi alterati, non che non siano normali, perché la normalità evolve continuamente con le nuove scoperte, ma di sicuro non salutare. Un caffè al distributore con il vostro collega e scambiare due chiacchiere è sicuramente meglio di parlare con l’AI e se siete preoccupati per sintomi strani o di avere bisogno di uno psicologo per quello la risposta è ancora più facile: rivolgetevi ad un medico.

“Consapevolezza” resta la parola del giorno.

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