Dark Web, Google e i tuoi dati:
come funziona il “Dark Web Report” e cosa fare subito
Nell’ultimo periodo è aumentata l’attenzione sui dati personali «in circolo»: fughe di database, raccolte aggregate e vendita di informazioni su forum e mercati nascosti. Google ha introdotto uno strumento chiamato Dark Web Report per aiutare gli utenti a capire se il loro indirizzo email, numeri di telefono o altre credenziali sono comparsi su questi canali. In questo articolo spieghiamo come funziona lo strumento di Google, quali sono i suoi limiti, come i criminali trovano e commerciano i dati e, soprattutto, cosa puoi fare concretamente per proteggerti.
Nel prossimo articolo ti insegneremo a strutturare una password davvero efficace.

Dark Web vs Deep Web vs Surface Web: le basi (in breve)
Sentiamo parlare spesso di queste “aree del web”, ma per capire di cosa stiamo parlando facciamo una panoramica: che cosa sono, nello specifico? Non serve essere periti informatici, tranquilli…
- Surface web: le pagine indicizzate dai motori di ricerca (siti pubblici, blog, e-commerce).
- Deep web: contenuti non indicizzati perché protetti da password o generati dinamicamente (webmail, banche, archivi aziendali).
- Dark web: una piccola porzione del Deep Web accessibile tramite software come Tor o I2P; utilizza indirizzi “.onion” e offre anonimato, il che la rende utile sia a chi cerca privacy legittima (giornalisti, dissidenti) sia a chi intende commettere reati.
Si, ma come ci arrivano i tuoi dati sul Dark Web?
I canali principali attraverso i quali i tuoi dati possono raggiungere destinazioni “ignote” sono due:
- Violazioni di servizi online (data breach): quando un sito subisce un attacco e il database utenti (email, password, numeri) viene esportato e poi condiviso o venduto.
- Malware/stealer: software malevole che ruba credenziali direttamente dal dispositivo dell’utente.
Questi dati finiscono su forum, paste site o mercati illegali, dove diventano “merce” per frodi, vendita d’identità e attacchi mirati. Le forze dell’ordine europee ed internazionali segnalano come il commercio di dati rubati sia oggi una delle attività criminali più redditizie e strutturate.
E va bene. Ma come controllo? Presto detto: il “Dark Web Report” di Google: cosa fa (e cosa NON fa)
- Cosa fa: ti permette di creare un profilo di monitoraggio (email, telefono, username) ed esegue controlli su dataset, paste e archivi consultabili dai suoi fornitori. Se trova corrispondenze ti invia notifiche e suggerimenti pratici (cambiare password, abilitare 2FA, ecc.). Lo strumento mostra i risultati in forma parziale per non esporre ulteriormente i dati.
- Cosa non fa: Google non elimina i dati dalle piattaforme dove sono pubblicati: segnala la presenza e suggerisce azioni, ma la rimozione effettiva va fatta (ove possibile) sui siti sorgente o tramite procedure legali. Inoltre lo strumento non può monitorare tutto il Dark Web (alcuni canali sono chiusi o accessibili solo su invito).
Attivarlo è semplice, se disponi di un account Google accedi a myaccount.google.com → Sicurezza → Dark web report e segui la procedura per creare il profilo di monitoraggio. Google mostra i risultati con suggerimenti pratici.
Si, ma perché Google non trova proprio tutto tutto?
- Indicizzazione: i motori come Google «scansionano» (crawl) e indicizzano pagine pubbliche; molti contenuti del Dark Web non sono invece raggiungibili senza Tor o sono intenzionalmente nascosti. Di conseguenza, scansionare tutto richiede accessi e accordi specifici.
- Canali chiusi: forum privati, chat cifrate e mercati chiusi non lasciano tracce pubbliche facilmente acquisibili.
- Fonti esterne: Google lavora con provider esterni che raccolgono leak e dump; la copertura dipende da quali dataset questi provider riescono ad acquisire.
E come fanno i malintenzionati a cercare informazioni? E come ci difendiamo?
- Dorking / Google Hacking: operatori di ricerca avanzata (es. site:, filetype:, inurl:) possono trovare file o pagine non protette contenenti dati sensibili. Proteggi i tuoi sistemi ed evita di esporre file non necessari sul web.
- Aggregatori, paste site e data dumps: dopo un breach i dati possono essere caricati su servizi pubblici (Pastebin e simili) o in archivi condivisi. Usa strumenti di monitoraggio e controlla servizi come Have I Been Pwned per verifiche immediate.
Piccolo elenco di consigli pratici per difenderti:
- password uniche + password manager
- 2FA per account sensibili
- aggiornamenti OS/software
- scansione antimalware su dispositivi
- controlli periodici su Have I Been Pwned
- attivazione del Dark Web Report di Google.
E se trovo i miei dati che faccio? Eccoti una checklist operativa (ordine consigliato)
- Cambia subito la password dell’account compromesso (e di eventuali account che usano la stessa password). Usa password forti e un password manager.
- Abilita 2-step verification (2FA) su tutti gli account che lo permettono.
- Controlla “Have I Been Pwned” per capire quali breach ti riguardano e quando (serve per prioritizzare le azioni).
- Monitora estratti conto e attività sospette (carte, conti bancari, identità).
- Richiedi la rimozione del contenuto dal sito che lo ospita (se possibile): contatta il gestore del sito/forum. Google può rimuovere risultati di ricerca ma non il contenuto alla fonte — per richiedere la rimozione dai risultati Google segui il modulo ufficiale.
- Valuta l’esercizio dei diritti GDPR (art.17) se l’operatore è nell’UE o tratta dati di cittadini EU: puoi richiedere l’oscuramento o la cancellazione dei tuoi dati da parte del titolare. Questo non garantisce sempre la rimozione immediata, ma è una leva legale importante.
- Valuta servizi di monitoraggio a pagamento o la consulenza legale se l’esposizione è rilevante.
Quindi devo diventare un genio informatico? No, bastano degli strumenti utili:
- Google — Dark Web Report (integrato nell’account Google; segnala leak rilevati tramite provider).
- Have I Been Pwned — verifica email e password note in breach.
- Servizi di rimozione/opt-out per data broker (DeleteMe, Incogni, ecc.) per ridurre la circolazione dei dati su people-search sites; attenzione: non sono infallibili e hanno costi.
- Report/analisi istituzionali: Europol IOCTA per capire il fenomeno del commercio di dati rubati e le tendenze delle minacce.
Ma legalmente cosa posso fare? Aspetti legali e istituzionali da conoscere
- La compravendita di dati rubati è un’attività criminale ben organizzata; le autorità europee monitorano e smantellano mercati ma la vastità dei leak rende il fenomeno strutturale. Per questo è fondamentale la prevenzione e la reazione rapida in caso di compromissione.
- In UE il GDPR riconosce il diritto alla cancellazione (diritto all’oblio/erasure) che può essere esercitato verso i titolari dei dati, e in certi casi i motori di ricerca devono cooperare per limitare la circolazione di dati sensibili.
Ricapitolando… Mini-Glossario per te
- Dark Web: parte del web accessibile con software speciali (Tor/I2P); non indicizzata dai motori tradizionali.
- Deep Web: contenuti non indicizzati (email, home banking, documenti privati).
- Tor / .onion: rete e dominio usati per servizi anonimi; per accedervi serve Tor Browser.
- Crawler / Index: programmi che «scansionano» il web per costruire l’indice di ricerca (Google usa crawler per indicizzare solo contenuti pubblici).
- Google Dorking / Google Hacking: uso di operatori di ricerca per scovare informazioni sensibili accidentalmente esposte.
- Data Broker: aziende che raccolgono e vendono profili e informazioni personali; non sempre sono trasparenti sulle procedure di rimozione.
Va be’, ma in pratica, da dove comincio?
Per il momento puoi fare queste tre azioni per iniziare a proteggerti:
- Attiva il Dark Web Report nel tuo account Google (se disponibile).
- Controlla la tua email su Have I Been Pwned e cambia le password compromesse.
- Abilita 2FA ovunque possibile e valuta un servizio di monitoraggio/opt-out per data broker se i dati esposti sono molti.

L’opinione di Digiup
In Digiup crediamo che strumenti come il Dark Web Report di Google siano un passo importante verso la consapevolezza digitale degli utenti. Tuttavia, non vanno considerati una soluzione definitiva, bensì un campanello d’allarme utile per intervenire tempestivamente.
La protezione dei dati personali non è mai un atto singolo, ma un processo continuo: password robuste e uniche, autenticazione a due fattori, aggiornamenti costanti, formazione interna per dipendenti e collaboratori, monitoraggio proattivo delle minacce. Queste pratiche, integrate a strumenti automatici come quello di Google, creano una vera cultura della sicurezza.
Per Digiup, ogni azienda – grande o piccola – deve oggi affiancare alla tecnologia anche strategie e procedure: non solo reagire a un data breach, ma prevenirlo, investendo su infrastrutture sicure e sull’educazione degli utenti. Solo così il Dark Web potrà diventare meno minaccioso e i dati personali più difficili da sfruttare.

Contattaci, saremo molto felici di conoscerti.